Chi riceve un'idea da me, ricava conoscenza senza diminuire la mia; come chi accende la sua candela con la mia riceve luce senza lasciarmi al buio.

La rivoluzione necessaria

What country can preserve it's liberties if their rulers are not warned from time to time that their people preserve the spirit of resistance? Let them take arms. The remedy is to set them right as to facts, pardon & pacify them. What signify a few lives lost in a century or two? The tree of liberty must be refreshed from time to time with the blood of patriots & tyrants. It is it's natural manure.

Thomas Jefferson.

sabato 6 gennaio 2007


Sulla felicità



Il capitalismo può rendere una società ricca e mantenerla libera. Ma non pretendete che ci faccia anche felici, scrive l'Economist.

Dal 2000 l'economia mondiale è cresciuta annualmente del 3,2 per cento: di questo passo il decennio che stiamo vivendo sarà di gran lunga il più ricco di sempre, superando il boom mitico degli anni cinquanta e sessanta. Il capitalismo di mercato, motore di gran parte dell'economia mondiale, sembra proprio che stia facendo bene il suo lavoro.

Ma un buon numero di economisti e politici, in cerca di grandi problemi da risolvere, ritiene che la crescita dovrebbe portare qualcos'altro oltre alla ricchezza: dovrebbe rendere felici le persone. È da quest'idea di benessere che nasce il concetto di qualità della vita, così popolare tra gli esperti di economia europei.

La scienza della felicità, un misto tra psicologia ed economia, propone realtà che sorprendono poco, come per esempio il fatto che i ricchi dichiarino di essere più felici dei poveri. E altre che invece stupiscono: i paesi in crescita economica non registrano un aumento del tasso di felicità dei cittadini diventati più ricchi. Dagli Stati Uniti al Giappone la situazione è questa.

Chi si occupa di felicità offre due possibili spiegazioni per questo paradosso: il capitalismo ha tra i suoi effetti quello di trasformare i beni di lusso in bisogni primari, diffondendo tra le masse prodotti prima riservati alle sole elite. Il brutto è che, nel tempo, i consumatori si convincono di non potere fare a meno di oggetti che prima consideravano irraggiungibili.

Man mano che il tenore di vita aumenta ci si abitua, e si desidera di più. Ci sono dei lussi tali solo se si è in pochi a goderne e che perdono quindi il loro status nel momento in cui diventano comuni.

C'è poi la questione del lavoro, o meglio del tempo speso lavorando. Nel 1930 John Maynard Keynes immaginava che le società più ricche sarebbero diventate più dedite al tempo libero, meno impegnate nel lavoro. Non è stato così. Molte persone lavorano sempre di più per ottenere sempre di più e il loro orizzonte si sposta continuamente in avanti. Aspirano a posizioni sociali più alte e si danno da fare per raggiungerle innescando in questo modo una sorta di corsa con gli altri.

È un gioco in cui nessuno sembra essere vincente anche se, sostiene la scienza della felicità, bisogna tenere in considerazione chi ama il lavoro e lo ritiene una fonte di benessere.

Dunque la crescita economica non sembra essere garanzia di felicità, ma certo difficilmente la stagnazione assicurerebbe benessere emotivo. Mettiamola così: il capitalismo può migliorare la nostra vita, spogliarla di molti problemi. Può renderci più liberi, regalarci più tempo per essere tanto infelici quanto scegliamo di essere. Chiedergli altro sarebbe troppo.

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