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Chi riceve un'idea da me, ricava conoscenza senza diminuire la mia; come chi accende la sua candela con la mia riceve luce senza lasciarmi al buio.
La rivoluzione necessaria
What country can preserve it's liberties if their rulers are not warned from time to time that their people preserve the spirit of resistance? Let them take arms. The remedy is to set them right as to facts, pardon & pacify them. What signify a few lives lost in a century or two? The tree of liberty must be refreshed from time to time with the blood of patriots & tyrants. It is it's natural manure.
Thomas Jefferson.
domenica 12 aprile 2009
mercoledì 18 marzo 2009
L'affare che fa girare le pale

Articolo riportato su site.it=marsica del 8 luglio2006 - Autore: Angelo Venti
La ricerca dei dati sull’argomento ha prodotto molti documenti inerenti le polemiche sui danni ambientali e studi sull’impatto di questi impianti, quasi nulla si è trovato sui calcoli economici. Alla fine, però, ci si è imbattuti in uno Studio di fattibilità economico-finanziaria commissionato dal Comune di Rialto (Savona) all’Università Bocconi, che ha chiarito le idee.
Dal 2002 il mercato dell’energia da fonte rinnovabile è incentivato non solo dalle convenzioni Cipe, ma anche dall’introduzione dei cosidetti Certificati verdi. La legge impone ai produttori o importatori di energia di garantire una produzione di almeno il 2,35% da fonti rinnovabili: chi non può o non vuole produrla può acquistarla al mercato dei certificati verdi.
Siccome l’eolico è il sistema più economico tra le fonti rinnovabili, c’è stata la diffusione di questi impianti, a danno del fotovoltaico ed altre fonti alternative.
Nello Studio di fattibilità economica di Rialto, si analizzano i costi di acquisto, trasporto, montaggio, allaccio alla rete e gestione annua dei vari modelli di pale in commercio e si opta per tre pale dal diamentro di 52 metri ciascuna per una potenza complessiva di 2,55 MW.
Per realizzare l’impianto completo si stimano 2.618.850 euro per le tre pale installate, 700mila euro per le opere accessorie e l’allaccio alla rete Enel, 60mila euro per lo sviluppo dell’iniziativa. Costo totale: 3.378.850 euro.
Il ricavo annuo delle tre pale è calcolato pari a 395mila euro dalla vendita di energia e 476mila euro dalla vendita dei certificati verdi. Totale annuo: 871mila euro.Da questi dati si evince che per pareggiare il costo dell’investimento di un impianto di tre pale di una potenza complessiva di 2,5 MW bastano solo 4 anni.
La vita prevista per l’impianto è di 20 anni e i costi di gestione annuale vengono indicati pari al 2% del costo d’impianto per i primi dieci anni e al 4% per gli ultimi dieci.
Gli utili netti dal 5° al 10° anno ammontano quindi a 800mila euro l’anno e quelli dal 10° al 20° anno a 735mila euro l’anno. Di questa quantità di denaro, finora, solo una minima parte viene riconosciuta dai gestori degli impianti all’ente locale come canone di concessione: secondo stime dell’Enea la percentuale varia dall’1,5% al 3,5% dei ricavi. Nel caso in esame corrisponderebbe a una cifra ridicola, compresa tra i 13mila e i 30mila euro l’anno.
I numeri pubblicati sullo Studio di fattibilità economica del comune di Rialto parlano da soli e il risultato è sconcertante.
Molti dei piccoli comuni che accettano di ospitare sul proprio territorio questi impianti di società private lo fanno invocando la necessità di reperire fondi per il funzionamento della macchina amministrativa, soprattutto dopo gli ultimi anni di tagli continui alla finanziaria.
Ma se i margini di profitto di un impianto eolico sono questi, perché gli enti pubblici non se li costruiscono loro, magari riunendosi in consorzio?
In fondo il vento è di tutti, ed è giusto che anche gli utili restino alla collettività, oggi chiamata solo a subire i danni. O no?
La ricerca dei dati sull’argomento ha prodotto molti documenti inerenti le polemiche sui danni ambientali e studi sull’impatto di questi impianti, quasi nulla si è trovato sui calcoli economici. Alla fine, però, ci si è imbattuti in uno Studio di fattibilità economico-finanziaria commissionato dal Comune di Rialto (Savona) all’Università Bocconi, che ha chiarito le idee.
Dal 2002 il mercato dell’energia da fonte rinnovabile è incentivato non solo dalle convenzioni Cipe, ma anche dall’introduzione dei cosidetti Certificati verdi. La legge impone ai produttori o importatori di energia di garantire una produzione di almeno il 2,35% da fonti rinnovabili: chi non può o non vuole produrla può acquistarla al mercato dei certificati verdi.
Siccome l’eolico è il sistema più economico tra le fonti rinnovabili, c’è stata la diffusione di questi impianti, a danno del fotovoltaico ed altre fonti alternative.
Nello Studio di fattibilità economica di Rialto, si analizzano i costi di acquisto, trasporto, montaggio, allaccio alla rete e gestione annua dei vari modelli di pale in commercio e si opta per tre pale dal diamentro di 52 metri ciascuna per una potenza complessiva di 2,55 MW.
Per realizzare l’impianto completo si stimano 2.618.850 euro per le tre pale installate, 700mila euro per le opere accessorie e l’allaccio alla rete Enel, 60mila euro per lo sviluppo dell’iniziativa. Costo totale: 3.378.850 euro.
Il ricavo annuo delle tre pale è calcolato pari a 395mila euro dalla vendita di energia e 476mila euro dalla vendita dei certificati verdi. Totale annuo: 871mila euro.Da questi dati si evince che per pareggiare il costo dell’investimento di un impianto di tre pale di una potenza complessiva di 2,5 MW bastano solo 4 anni.
La vita prevista per l’impianto è di 20 anni e i costi di gestione annuale vengono indicati pari al 2% del costo d’impianto per i primi dieci anni e al 4% per gli ultimi dieci.
Gli utili netti dal 5° al 10° anno ammontano quindi a 800mila euro l’anno e quelli dal 10° al 20° anno a 735mila euro l’anno. Di questa quantità di denaro, finora, solo una minima parte viene riconosciuta dai gestori degli impianti all’ente locale come canone di concessione: secondo stime dell’Enea la percentuale varia dall’1,5% al 3,5% dei ricavi. Nel caso in esame corrisponderebbe a una cifra ridicola, compresa tra i 13mila e i 30mila euro l’anno.
I numeri pubblicati sullo Studio di fattibilità economica del comune di Rialto parlano da soli e il risultato è sconcertante.
Molti dei piccoli comuni che accettano di ospitare sul proprio territorio questi impianti di società private lo fanno invocando la necessità di reperire fondi per il funzionamento della macchina amministrativa, soprattutto dopo gli ultimi anni di tagli continui alla finanziaria.
Ma se i margini di profitto di un impianto eolico sono questi, perché gli enti pubblici non se li costruiscono loro, magari riunendosi in consorzio?
In fondo il vento è di tutti, ed è giusto che anche gli utili restino alla collettività, oggi chiamata solo a subire i danni. O no?
mercoledì 25 febbraio 2009
No al Parco Eolico

Gli impianti eolici hanno un impatto ambientale devastante: tralicci, ripetitori e antenne per telefonia rispetto a queste strutture non hanno un impatto paesaggistico paragonabile per pesantezza. È gravissima la ricaduta connessa alle infrastrutture che accompagnano l' installazione scavi, manufatti, nuovi elettrodotti, chilometri e chilometri di nuova rete stradale di servizio. C' è inoltre da considerare l' impatto sulla fauna: i crinali dell' Appennino sono le aree dove ancora sopravvivono alcune specie di aquile, avvoltoi ed altri rapaci, altrove pressoché scomparse e le pale eoliche rappresentano un pericolo mortale per questi rapaci, che subiscono perdite tali da vanificare anni di lavoro per la loro reintroduzione e protezione.
Inoltre è ampiamente e scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici producano seri effetti negativi sulle biocenosi (bios = vita) e (koinosis = comune).
Tali effetti consistono essenzialmente in due tipologie d’intervento:
- diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’impianto, in particolare il rotore;
- indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione), frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc..
La corsa all'energia dal vento non si arresta in zone dove nemmeno costruire un rifugio di montagna sarebbe possibile, si consente la realizzazione di torri eoliche alte decine di metri. Nel giro di 3-4 anni potrebbe venir meno l' ultima grande riserva del paesaggio italiano, la dorsale appenninica.
La diffusione delle pale eoliche è favorita anche dall' atteggiamento di molti amministratori locali che, per sanare le finanze, sono pronti a svendere parti del proprio territorio agli operatori eolici.
Ci sono comuni come San Bartolomeo in Galdo (Benevento) che si dichiarano con delibera ufficiale "deolizzati" ed altri, come Agnone (Isernia) che chiedono alla Regione Molise di fermare le pale eoliche.
NOI CHE FACCIAMO ?
lunedì 20 ottobre 2008
La cava - articolo sul Corriere di Rieti
Raccolta di firme contro la cava”.
Progetto a Sant’Anatolia, a ridosso della Riserva Montagne della Duchessa. I cittadini insorgono: basta con questo scempio ambientale.
S. ANATOLIA 20.10.2008

L’area interessata dal progetto
Cava, autodromo, stabilimento di acque minerali, con contorno di paleoliche e tutto a S. Anatolia, a ridosso della Riserva Montagne della Duchessa. Progetti di sviluppo per qualcuno, “bombe a orologeria” secondo i cittadini, che sono in allarme. “Meglio cervi che talpe”, dicono al comitato cittadino, sorto contro la cava in località Colle Venuro e Valle Campo, vicino Colle Pizzuto (raccolte 300 firme). C’è anche chi ha affisso nei bar un fotomontaggio, anticipando il possibile scempio tra la cava e le paleoliche (un progetto del Comune), che potrebbero esser montate, se l’anenometro registrerà i requisiti necessari. Poi c’è l’eventualità autodromo, un project financing, avanzato dal Comune, sulla stessa area e quei resti, mai bonificati, di altre cave, che deturpano il paesaggio. I Beni Separati di S. Anatolia hanno ottenuto il via a procedere dalla Regione Lazio, in base al Piano Cave presentato nel 2002, ma il Comune non è d’accordo. Ancora cave? No grazie. I cittadini vogliono garanzie: “Dimostrare che non inquina, se c’è un subappalto e chi si impegnerà per la bonifica. Ma ve li immaginate centinaia di camion che partono ogni giorno verso la Tiburtina? E la fogna a cielo aperto che abbiamo qui vicino?”. Il Comune “non ha autorizzato una cava a Torano, né il progetto presentato dall’amministrazione dei Beni Civici e non darà l’autorizzazione al cambio di destinazione urbanistica” dichiara l'assessore Antonio Spera. Sull’argomento è intervenuto anche il presidente della Riserva Navegna Cervia Leandro Liotti, che si stupisce e critica, oltre alla Regione, anche il Comune “che gestisce la Riserva Naturale Montagne della Duchessa, un patrimonio ambientale e di biodiversità tra i più importanti del Lazio, piena di querceti, faggeti, cime oltre i 2000 metri, zone di riserva integrale, due Siti di importanza comunitaria (Sic), oltre alla zona di interesse nazionale rappresentata dal progetto BioItaly”. Come la mettiamo? Sotto i riflettori non solo “le questioni di lana caprina, come quella che sarebbe l’amministrazione dei Beni Separati di uso civico ad aver inoltrato la richiesta ufficiale”, ma i sempre decantati progetti di ripristino “mai messi in atto, di cui sono pieni i cassetti di molte amministratori comunali della nostra provincia”. Nel resto d’Europa non succede, mentre le cave esaurite nel nostro Paese “sono rimaste orridi scempi a cielo aperto”. Liotti pone un’altra questione: “Come fa l’amministrazione a conciliare il fatto che nella Riserva è in costruzione il primo ecoalbergo di tutta la provincia?” e approva il comitato dei cittadini che “fanno bene ad organizzarsi per impedire questa nuova speculazione”. Liotti invoca interventi superiori (Provincia e Regione) per tutelare “non la Riserva, che lo è già, ma tutto il territorio reatino da interventi che rischiano di compromettere il futuro economico, sociale e ambientale”
Francesca Sammarco
Progetto a Sant’Anatolia, a ridosso della Riserva Montagne della Duchessa. I cittadini insorgono: basta con questo scempio ambientale.
S. ANATOLIA 20.10.2008

L’area interessata dal progetto
Cava, autodromo, stabilimento di acque minerali, con contorno di paleoliche e tutto a S. Anatolia, a ridosso della Riserva Montagne della Duchessa. Progetti di sviluppo per qualcuno, “bombe a orologeria” secondo i cittadini, che sono in allarme. “Meglio cervi che talpe”, dicono al comitato cittadino, sorto contro la cava in località Colle Venuro e Valle Campo, vicino Colle Pizzuto (raccolte 300 firme). C’è anche chi ha affisso nei bar un fotomontaggio, anticipando il possibile scempio tra la cava e le paleoliche (un progetto del Comune), che potrebbero esser montate, se l’anenometro registrerà i requisiti necessari. Poi c’è l’eventualità autodromo, un project financing, avanzato dal Comune, sulla stessa area e quei resti, mai bonificati, di altre cave, che deturpano il paesaggio. I Beni Separati di S. Anatolia hanno ottenuto il via a procedere dalla Regione Lazio, in base al Piano Cave presentato nel 2002, ma il Comune non è d’accordo. Ancora cave? No grazie. I cittadini vogliono garanzie: “Dimostrare che non inquina, se c’è un subappalto e chi si impegnerà per la bonifica. Ma ve li immaginate centinaia di camion che partono ogni giorno verso la Tiburtina? E la fogna a cielo aperto che abbiamo qui vicino?”. Il Comune “non ha autorizzato una cava a Torano, né il progetto presentato dall’amministrazione dei Beni Civici e non darà l’autorizzazione al cambio di destinazione urbanistica” dichiara l'assessore Antonio Spera. Sull’argomento è intervenuto anche il presidente della Riserva Navegna Cervia Leandro Liotti, che si stupisce e critica, oltre alla Regione, anche il Comune “che gestisce la Riserva Naturale Montagne della Duchessa, un patrimonio ambientale e di biodiversità tra i più importanti del Lazio, piena di querceti, faggeti, cime oltre i 2000 metri, zone di riserva integrale, due Siti di importanza comunitaria (Sic), oltre alla zona di interesse nazionale rappresentata dal progetto BioItaly”. Come la mettiamo? Sotto i riflettori non solo “le questioni di lana caprina, come quella che sarebbe l’amministrazione dei Beni Separati di uso civico ad aver inoltrato la richiesta ufficiale”, ma i sempre decantati progetti di ripristino “mai messi in atto, di cui sono pieni i cassetti di molte amministratori comunali della nostra provincia”. Nel resto d’Europa non succede, mentre le cave esaurite nel nostro Paese “sono rimaste orridi scempi a cielo aperto”. Liotti pone un’altra questione: “Come fa l’amministrazione a conciliare il fatto che nella Riserva è in costruzione il primo ecoalbergo di tutta la provincia?” e approva il comitato dei cittadini che “fanno bene ad organizzarsi per impedire questa nuova speculazione”. Liotti invoca interventi superiori (Provincia e Regione) per tutelare “non la Riserva, che lo è già, ma tutto il territorio reatino da interventi che rischiano di compromettere il futuro economico, sociale e ambientale”
Francesca Sammarco
lunedì 30 giugno 2008
NO ALLA CAVA DI MOSTATICO
COMITATO PER NON ESSERE TALPA
NO ALLA CAVA NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI BORGOROSE
IL COMITATO DICE "NO ALLA CAVA" PER I SEGUENTI MOTIVI:
non essere partecipi alla distruzione di un territorio già ampiamente abusato
inquinamento ambientale e acustico: la salute del cittadino viene compromessa da un notevole aumento dello smog e delle polveri per il continuo passaggio dei mezzi di trasporto del materiale di escavazione e da un incremento dell'inquinamento acustico nelle aree circostanti la cava con l’aumento di patologie respiratorie come fibrosi polmonari, alveoliti allergiche e allergie dei bambini;
degrado e scempio del territorio: per preservare la parte di territorio adiacente alla Riserva Naturale Montagne della Duchessa di notevole valore ambientale;
temiamo che “il piccolo angolo di paradiso” possa essere per sempre compromesso e deturpato dalla nuova escavazione
Il nostro territorio ha una vocazione prettamente turistica e l’entroterra può essere il volano per il rilancio del turismo locale.
La bellezza dei luoghi e i siti storici presenti nel nostro territorio reclamano programmazione ed investimenti di ordine turistico-culturale perché siano fonti di ricchezza e occupazione durature.
Se vogliamo garantire uno sviluppo economico ed ecologico al nostro territorio dobbiamo considerarlo come un patrimonio da difendere e valorizzare.
LA RACCOLTA DELLE FIRME E’ ORGANIZZATA DA ANTONIO LUCE (TOTO)
NO ALLA CAVA NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI BORGOROSE
IL COMITATO DICE "NO ALLA CAVA" PER I SEGUENTI MOTIVI:
non essere partecipi alla distruzione di un territorio già ampiamente abusato
inquinamento ambientale e acustico: la salute del cittadino viene compromessa da un notevole aumento dello smog e delle polveri per il continuo passaggio dei mezzi di trasporto del materiale di escavazione e da un incremento dell'inquinamento acustico nelle aree circostanti la cava con l’aumento di patologie respiratorie come fibrosi polmonari, alveoliti allergiche e allergie dei bambini;
degrado e scempio del territorio: per preservare la parte di territorio adiacente alla Riserva Naturale Montagne della Duchessa di notevole valore ambientale;
temiamo che “il piccolo angolo di paradiso” possa essere per sempre compromesso e deturpato dalla nuova escavazione
Il nostro territorio ha una vocazione prettamente turistica e l’entroterra può essere il volano per il rilancio del turismo locale.
La bellezza dei luoghi e i siti storici presenti nel nostro territorio reclamano programmazione ed investimenti di ordine turistico-culturale perché siano fonti di ricchezza e occupazione durature.
Se vogliamo garantire uno sviluppo economico ed ecologico al nostro territorio dobbiamo considerarlo come un patrimonio da difendere e valorizzare.
LA RACCOLTA DELLE FIRME E’ ORGANIZZATA DA ANTONIO LUCE (TOTO)
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